Prefazione  all'Idiota in Viaggio
 

Il titolo di quest’opera è deliberatamente equivoco. Tuttavia, dato che diverse persone hanno voluto intendere solo uno dei due significati, quello peggiorativo, mi sembra utile, nel corso di questa riedizione, chiarire le cose. L’idiota, che lo sia del villaggio o del mondo intero, escursionista o globetrotter, turista normale o di lungo corso, contrariamente al pregiudizio comune, non viene considerato un viaggiatore stupido. Questo libro non è dunque una sequela di critiche ascoltate e lette cento volte; il progetto di questo saggio è quello di riabilitare non di denigrare, per questo il sottotitolo avrebbe potuto essere Difesa e descrizione del turista.
Idiot, apparso in francese alla fine del XII secolo, è un prestito dal latino classico idiota o idiotes, che significa «uomo che non ha conoscenza, ignorante», parola anch’essa presa dal greco idiôtês, che significa «privato cittadino». All’origine, l’idiota è dunque un inesperto, non un imbecille. È con questo significato che bisogna anche, all’occorrenza, capire la parola del titolo.
Che in seguito il vocabolo, per estensione - come dice la lessicologia -, per elitismo, gelosia, diffidenza o vanità, - come dice la storia -, sia diventato sinonimo di «una persona che manca di intelligenza», è proprio un’altra storia: quella che, fra le altre, questo libro racconta, la storia di una svalutazione psicologica e sociale del personaggio.
Per cominciare, dovevo eliminare l’ambiguità di un termine il cui uso, oggi, pende in effetti volentieri dalla parte dell’insulto e del disprezzo. Se lo analizziamo, l’«idiota» in questione resiste al giudizio comune - essendo, per lo meno, sul piano correlativo dell’intelligenza e dell’immaginazione in materia di viaggi, molto più complesso e ricco di quanto non faccia pensare il suo stereotipo... -.
Il turista impara presto. Si perfeziona e moltiplica le sue esperienze. Una volta ingenuo, oggi esperto, osserva, scopre, assimila sempre più cose diverse e ha assunto anche un nuovo tipo di comportamento - e la cosa non dispiaccia agli esperti del viaggio, ai viaggiatori patentati, agli esploratori illuminati e ad altri avventurieri gallonati -. Nel corso degli anni, il turista esigente ha acquisito, cosa inedita, un’autonomia di decisione e di mobilità che imbarazza di già e imbarazzerà sempre più i professionisti del turismo. Turismo sociale e commerciale insieme che, in Francia, non «coprono» più del 20-30% del mercato.
La crisi economica non riesce a spiegare tutto. Neppure le guerre. Il bambino del tempo libero si è emancipato. È lui stesso che crea le proprie reti, sempre più estese, sia a titolo individuale, sia attraverso comitati di imprese, agenzie specializzate o associazioni, di cui, a tutt’oggi, si ignora il numero esatto. Si tratta di un fenomeno sociale, e i vacanzieri, per il 70-80%, sono ormai, non solo nella propria testa ma anche nei fatti e a livello internazionale, dei «liberi viaggiatori».
Che questo serva di lezione a noi tutti, che proclamiamo con la medesima unanime stupidità di non viaggiare «da turisti». Questo è veramente l’istante fatidico in cui l’idiota in viaggio diventa, nella seconda accezione del termine, veramente un idiota - un momento paradossale in cui questo viaggiatore complica in modo singolare il suo comportamento -. Quest’opera parla dunque dell’etnologia di un fenomeno di massa e, più precisamente ancora, di quella di un homo peregrinus così controverso. Mi sembra che valga la pena di citare qui questa definizione di Ambrose Bierce:
Etnologia, Scienza che tratta differenti razze umane, come quelle dei furfanti, degli imbroglioni, degli ignoranti, dei salami e degli etnologi.
Chi vuol capire capisca. Questione di umiltà. In fondo, solitari o in gruppo, qualunque sia la nostra condizione, chi siamo noi veramente quando viaggiamo?
L’idiota (in viaggio), «passante dagli occhi ingenui», innegabile inventore di una etnologia di massa chiamata turismo, non occupa dunque che il meno invidiabile dei posti nel quadro di questa definizione. In compenso, sono molti nella storia dei viaggi e delle esplorazioni, i «grandi viaggiatori» la cui «tribù» merita come totem un epiteto più infamante!
Infine, L’Idiota in viaggio - storia etnica della mobilità del tempo libero -, dopo aver reso un po’ della sua identità e della sua profondità a questo importante personaggio della società contemporanea, avrà un seguito.
Continuando il nostro viaggio nel paese del tempo libero, andremo questa volta in un altro scenario di vacanza: quello esemplare del soggiorno balneare. Altro spazio, altre usanze - e anche altri sogni....-.
In questo nuovo spazio, in contrasto con il nomadismo del tempo libero, Phileas Fogg e il suo fedele Passepartout cederanno il posto ad un altro duo utopistico: quello di Robinson Crusoé e del suo non meno fedele Venerdì. Al contrario di quello che Fogg e Passepartout incarnano fino all’estremo, questo celebre tandem di naufraghi si colloca in effetti in una ricerca «vacanziera» assolutamente contraria a quella del turista. In questo caso l’interruzione del viaggio è un esito felice; e il godimento dell’immobilità il suo idilliaco oggetto. Sulla loro isola, Robinson e Venerdì simbolizzano la forma opposta all’organizzazione del tempo libero: la sedentarietà per diporto - un piacere che preferisce la sosta al movimento, il ripiegarsi all’esplorazione e la stasi al giro - . La dimensione essenziale del viaggio non è più il percorso - traversata, periplo o cammino - , e all’archetipo della peregrinazione sostituisce l’immagine opposta: quella della sedentarietà.
Attraverso questa inversione alla Crusoé, l’universo balneare appare oggi come il teatro più vasto di questo tipo di realizzazione. Qui, ogni giorno, si svolge e si ripete la cerimonia della sistemazione, rito fondamentale che ricomincia sempre sulla sabbia delle spiagge, in quel mondo immobile e chiuso della villeggiatura dove, agli antipodi dell’avventura, domani non dovrà essere un altro giorno....
 

 
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